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Intervento di restauro dell'opera di Alberto Burri, Nero Plastica - Collezione Aziendale Marzotto

opera

Nero Plastica

autore

Alberto Burri
(Città di Castello, 1915 - Nizza, 1995)

anno

1964

caratteristiche tecniche

Combustione di plastica su tela

Proprietà

Collezione Aziendale Marzotto

La grande opera di Burri era composta da una tela di colore nero tensionata su un telaio ligneo, al di sopra della quale erano stati applicati diversi strati di film di polietilene trattati con fiamma ossidrica. Il tutto era fissato lungo il perimetro esterno tramite graffe metalliche. Dall’inizio degli anni ’60 l’artista viene affascinato da un nuovo materiale che conosceva a quel tempo una grande diffusione nei prodotti di largo consumo: la plastica. Dapprima la utilizzava trasparente, che imprigionando la luce, creava riflessi magici e poetici, in seguito nera e rossa. Burri interveniva sulla plastica con lingue di fuoco, rendendola docile e malleabile: il film polimerico a contatto con la fiamma si bucava fondendosi, cambiava cromia, si raggrinziva e si raggrumava spontaneamente o con l’ausilio delle mani.

Il principale problema dell’opera erano le incrostazioni e i cospicui depositi incoerenti di diversa natura, incastrati tra le asperità del materiale e dovuti ad anni di esposizione senza protezione o manutenzione - abbandonata in seguito ad un intervento di dubbio risultato. Inoltre, lungo il lato inferiore sulla sinistra si era creata una borsa dovuta al peso del materiale e al parziale svincolo delle graffe in corrispondenza del lato superiore.

Essendo il restauro e la manutenzione della plastica un campo recente, caratterizzato dalla mancanza di conoscenze effettive del materiale, in passato venivano realizzati interventi arbitrari, a volte rivelatesi nel tempo addirittura dannosi.

L’opera aveva perso i suoi caratteristici riflessi e giochi di rifrazione, creati dalla luce sulla superficie; oltre al cospicuo deposito di polvere grigia la brillantezza della plastica nera era offuscata da macchie opache di forma circolare, localizzate nella zona inferiore destra, gore di umidità, depositi calcarei, gocciolature e peli di ovatta incastrati ubiquamente. Tali criticità erano riconducibili ad un precedente intervento di pulitura eseguito con sostanze acquose non asciugate idoneamente ed applicate tramite tamponcini di ovatta. Inoltre, due filamenti particolarmente sottili erano stati tranciati durante le operazioni di detersione condotte nel precedente intervento di restauro.

La Fondazione Burri ha fornito importanti informazioni sull’opera, che hanno consentito di realizzare l’intervento di restauro nel modo più corretto possibile - così come il Professor Sgamellotti dell’Università di Perugia che ha studiato a fondo l’Artista e i suoi materiali.

Per ovviare alla deformazione creatasi nella porzione inferiore dell’opera a causa della mancanza di ancoraggi al telaio lungo il lato opposto, è stato necessario smontare il listello ancorato al lato superiore. L’opera è stata capovolta per un periodo sino a che, lentamente, la borsa è rientrata, quindi sono stati sostituiti i vincoli perimetrali mancanti - otto graffe metalliche - e la porzione del telo plastico è stata nuovamente ancorata nella posizione originale.

In seguito all’analisi condotta sul supporto, sull’adesivo e a test di scorrimento, per la riparazione dei piccoli strappi si è scelto un nastro vinilico, compatibile con quelli compositivi. Affinchè non venissero arrecati danni alle materie plastiche, molto delicate dal punto di vista conservativo, la metodologia di detersione messa a punto è stata il più prudente possibile. Per rimuovere i cospicui depositi incoerenti dovuti allo smog e al particellato atmosferico sono stati utilizzati microaspiratori chirurgici e pennelli in martora morbidissimi.

Per togliere le gocciolature e le incrostazioni calcaree è stata messa a punto una metodologia acquosa: sono state utilizzate micro porzioni appositamente sagomate di una speciale spugna in fibra di cellulosa a rilascio graduato di umidità, imbevute di acqua deionizzata a 37°C. La leggera l’umidità lasciata sulla superficie è stata immediatamente asciugata con panni in microfibra, utilizzati per la componentistica high-tech.

Al termine dell’intervento il polietilene è tornato perfettamente lucido e privo di aloni, la superficie dell’opera ha recuperato i caratteristici riflessi e giochi di rifrazione della luce.